E' assurdo quanto sia attuale il messaggio di "Videodrome". E' un film che trasmesso oggi non fa una piega, parla dell'attualità. Lungi da me il pippone sul dominio della televisione e sulla schiavitù del telespettatore. Però quando guardo la maggioranza dei programmi in Tv, io penso a "Videodrome". Nel capolavoro di Cronenberg l'imprenditore televisivo Max Renn (James Woods al meglio, poco prima di 'Once upon a time') per caso si imbatte in un canale fuorilegge. Solo torture in palinsesto. La metafora di Cronenberg è eccezionale. Renn si ritrova in un incubo: nel suo cervello nasce una specie di tumore che gli crea dipendenza da "Videodrome". Al posto della mano gli spunta una pistola fatta di ossa (che verrà citata 15 anni dopo in 'Existenz') e il suo corpo diventa una macchina violenta. Come un televisore.
I litigi, le urla, le falsità messe in piazza, le volgarità. Come una donna denudata, attaccata ad un muro di mattoni, frustata da due uomini incappucciati. Un pugno in uno stomaco? Forse, ma nella sostanza qual è la differenza rispetto alla Tv di oggi?
L'affascinante concetto di "nuova carne" sviluppato dal film chiude il cerchio. Vi consiglio caldamente la visione per scoprire perchè.
Un assaggio
mercoledì 29 aprile 2009
venerdì 17 aprile 2009
DIVENTARE IL DIURNO
A Lanciano, quando andavo alle elementari, c'era ancora il cinema "Imperiale", in via Luigi De Crecchio. Avevo 8 anni. Tutte le mattine prendevo un autobus per tornare a casa. Una fermata intermedia il bus la faceva proprio davanti all'Imperiale. Io schiacciavo il naso sul finestrino per guardare le locandine. Ne erano 4, chiuse nelle grosse teche. Una di queste raffigurava l'enorme simbolo del Cavaliere Oscuro. Era il 1989. Ho levato la vita a mia madre per andare a vederlo. "Batman" è stato il mio primo film adulto visto al cinema. Prima c'erano stati Fievel, Red&Toby, Basil l'investigatopo e Bianca&Bernie. Bisognava voltare pagina.
Quel giorno sono successe due cose fondamentali. In primis mi sono innamorato di Kim Basinger. Ignaro del fatto, tra l'altro, che la bella Kim avesse già girato "9 settimane e mezzo". In secondo luogo ho incontrato per la prima volta Tim Burton. Non potevo sapere che il buon Tim sarebbe presto diventato uno dei miei punti di riferimento.
Quel giorno è nato "Il Diurno". Il cinema visionario ha sempre esercitato un fascino devastante su di me. Non a caso il titolo di questo blog richiama il "Daywalker" interpretato da Wesley Snipes in "Blade 2".
Per me non c'è cinema se non c'è romanticismo nel fantastico.
Quel giorno sono successe due cose fondamentali. In primis mi sono innamorato di Kim Basinger. Ignaro del fatto, tra l'altro, che la bella Kim avesse già girato "9 settimane e mezzo". In secondo luogo ho incontrato per la prima volta Tim Burton. Non potevo sapere che il buon Tim sarebbe presto diventato uno dei miei punti di riferimento.
Quel giorno è nato "Il Diurno". Il cinema visionario ha sempre esercitato un fascino devastante su di me. Non a caso il titolo di questo blog richiama il "Daywalker" interpretato da Wesley Snipes in "Blade 2".
Per me non c'è cinema se non c'è romanticismo nel fantastico.
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giovedì 16 aprile 2009
GRAN TORINO
“Gran Torino” è un’altra lezione di cinema dell’eterno maestro Clint Eastwood. Più intenso di “Mystic River”? Forse no, ma sicuramente meno cupo. Più divertente di “Million dollar baby”? Certo, ma non per questo meno profondo. La bravura di Clint sta proprio nel saper raccontare le cose più profonde dell’animo umano con qualsiasi registro.
Eastwood, come pochi altri maestri (Mann,Scorsese,Coppola,Kurosawa) sa mettere in pellicola l’evoluzione dell’umanità. E io adoro il modo in cui ci riesce. Non c’è mai un personaggio monodimensionale nei film di Clint. C’è la vita rappresentata in tanti microframmenti. Microfotografie che in un attimo raccontano macrostorie. Penso alla medaglia al valore appuntata al petto di Thao, una sorta di ponte fra due amici.
Eastwood sa che le sabbie mobili della vita cambiano, torturano, modellano, inaspriscono, fanno crescere le persone. E nei suoi film, almeno da “Un mondo perfetto” in poi, questo aspetto è stato sempre sviluppato con estrema concretezza.
Il sacrificio finale di Walt Kowalski, in “Gran Torino”, mi ha liberato di un peso. Seduto sulla mia poltroncina al cinema pensavo ai miei difetti, e ai difetti degli altri. A volte si ritiene che certe situazioni siano irrecuperabili. Eastwood è riuscito, raccontandomi l’espiazione di un uomo che ha capito di aver sbagliato molte cose nella sua vita, a farmi comprendere il vero valore del cosiddetto passo indietro. Spesso serve fare ammenda e mettere da parte l’orgoglio, per migliorare se stessi e quindi dare uno spunto di miglioramento anche agli altri. Per carità, il film racconta un sacrificio estremo. Walt Kowalski conosceva meglio la morte della vita, non poteva essere altrimenti. Io credo che tutte le persone che conoscono meglio la vita della morte, come me e come voi che state leggendo, possano prendere spunto da questo filmone e ritoccare in meglio le cose piccole di tutti i giorni.
Gran Torino, infine, è l’ennesimo capolavoro del regista de “Il cavaliere pallido” che cerca di spiegare il sistema più complesso che esista al mondo.
La famiglia. Ma di questo riparlerò presto.
Lunga vita al “Cinema di uomini” magnificato da Clint Eastwood. Il suo è un cinema che parla di noi.
Eastwood, come pochi altri maestri (Mann,Scorsese,Coppola,Kurosawa) sa mettere in pellicola l’evoluzione dell’umanità. E io adoro il modo in cui ci riesce. Non c’è mai un personaggio monodimensionale nei film di Clint. C’è la vita rappresentata in tanti microframmenti. Microfotografie che in un attimo raccontano macrostorie. Penso alla medaglia al valore appuntata al petto di Thao, una sorta di ponte fra due amici.
Eastwood sa che le sabbie mobili della vita cambiano, torturano, modellano, inaspriscono, fanno crescere le persone. E nei suoi film, almeno da “Un mondo perfetto” in poi, questo aspetto è stato sempre sviluppato con estrema concretezza.
Il sacrificio finale di Walt Kowalski, in “Gran Torino”, mi ha liberato di un peso. Seduto sulla mia poltroncina al cinema pensavo ai miei difetti, e ai difetti degli altri. A volte si ritiene che certe situazioni siano irrecuperabili. Eastwood è riuscito, raccontandomi l’espiazione di un uomo che ha capito di aver sbagliato molte cose nella sua vita, a farmi comprendere il vero valore del cosiddetto passo indietro. Spesso serve fare ammenda e mettere da parte l’orgoglio, per migliorare se stessi e quindi dare uno spunto di miglioramento anche agli altri. Per carità, il film racconta un sacrificio estremo. Walt Kowalski conosceva meglio la morte della vita, non poteva essere altrimenti. Io credo che tutte le persone che conoscono meglio la vita della morte, come me e come voi che state leggendo, possano prendere spunto da questo filmone e ritoccare in meglio le cose piccole di tutti i giorni.
Gran Torino, infine, è l’ennesimo capolavoro del regista de “Il cavaliere pallido” che cerca di spiegare il sistema più complesso che esista al mondo.
La famiglia. Ma di questo riparlerò presto.
Lunga vita al “Cinema di uomini” magnificato da Clint Eastwood. Il suo è un cinema che parla di noi.
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martedì 7 aprile 2009
Punto.
Da tempo volevo aprire un Blog. Per parlare principalmente di cinema, secondariamente di musica.
Lo faccio oggi, mentre scorrono sulla pelle della mia regione brividi di dolore.
Un terremoto ha distrutto la provincia di L'Aquila, cambiando per sempre le vite di molte persone. Parlare dei contenuti di questo blog sarebbe assurdo, proprio non me la sento.
Mi stringo a tutti i miei corregionali.
Spero che le chiacchiere delle istituzioni si trasformino presto in aiuti tangibili, decisivi. Punto.
Lo faccio oggi, mentre scorrono sulla pelle della mia regione brividi di dolore.
Un terremoto ha distrutto la provincia di L'Aquila, cambiando per sempre le vite di molte persone. Parlare dei contenuti di questo blog sarebbe assurdo, proprio non me la sento.
Mi stringo a tutti i miei corregionali.
Spero che le chiacchiere delle istituzioni si trasformino presto in aiuti tangibili, decisivi. Punto.
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