giovedì 16 aprile 2009

GRAN TORINO

“Gran Torino” è un’altra lezione di cinema dell’eterno maestro Clint Eastwood. Più intenso di “Mystic River”? Forse no, ma sicuramente meno cupo. Più divertente di “Million dollar baby”? Certo, ma non per questo meno profondo. La bravura di Clint sta proprio nel saper raccontare le cose più profonde dell’animo umano con qualsiasi registro.
Eastwood, come pochi altri maestri (Mann,Scorsese,Coppola,Kurosawa) sa mettere in pellicola l’evoluzione dell’umanità. E io adoro il modo in cui ci riesce. Non c’è mai un personaggio monodimensionale nei film di Clint. C’è la vita rappresentata in tanti microframmenti. Microfotografie che in un attimo raccontano macrostorie. Penso alla medaglia al valore appuntata al petto di Thao, una sorta di ponte fra due amici.
Eastwood sa che le sabbie mobili della vita cambiano, torturano, modellano, inaspriscono, fanno crescere le persone. E nei suoi film, almeno da “Un mondo perfetto” in poi, questo aspetto è stato sempre sviluppato con estrema concretezza.
Il sacrificio finale di Walt Kowalski, in “Gran Torino”, mi ha liberato di un peso. Seduto sulla mia poltroncina al cinema pensavo ai miei difetti, e ai difetti degli altri. A volte si ritiene che certe situazioni siano irrecuperabili. Eastwood è riuscito, raccontandomi l’espiazione di un uomo che ha capito di aver sbagliato molte cose nella sua vita, a farmi comprendere il vero valore del cosiddetto passo indietro. Spesso serve fare ammenda e mettere da parte l’orgoglio, per migliorare se stessi e quindi dare uno spunto di miglioramento anche agli altri. Per carità, il film racconta un sacrificio estremo. Walt Kowalski conosceva meglio la morte della vita, non poteva essere altrimenti. Io credo che tutte le persone che conoscono meglio la vita della morte, come me e come voi che state leggendo, possano prendere spunto da questo filmone e ritoccare in meglio le cose piccole di tutti i giorni.
Gran Torino, infine, è l’ennesimo capolavoro del regista de “Il cavaliere pallido” che cerca di spiegare il sistema più complesso che esista al mondo.
La famiglia. Ma di questo riparlerò presto.
Lunga vita al “Cinema di uomini” magnificato da Clint Eastwood. Il suo è un cinema che parla di noi.

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