venerdì 19 febbraio 2010
TIM, TORNA TRA DI NOI
La mia generazione, nata durante il lustro che va dal 78 all'83, ha amato il Cinema grazie a Tim Burton. Eravamo tutti (più o meno) nelle prime età dell'intendere e del volere quando uscirono "Beetlejuice"(88), "Batman"(89) e "Edward mani di forbice"(90). Grazie alla tv, ma soprattutto grazie all'esplosione dei cartoni animati giapponesi, noi siamo stati la generazione che sognava. Burton ha semplicemente messo le ali a quei sogni. Non erano tanto gli antieroi burtoniani ad affascinare. Beetlejuice era uno sgradevole spiritello chiacchierone e maleducato. Il Batman interpretato da Michael Keaton era lontanissimo dal carisma del Bruce Wayne cartaceo. L'amore impossibile di Edward, infine, non avrebbe voluto viverlo nessuno. Erano i mondi burtoniani, ad affascinare. La fiaba. Meglio: la fiaba nera. Nulla accattiva di più del reietto, dell'escluso.
Ecco quel Tim Burton ha inventato una cifra stilistica. Ci sono i film di Tim Burton. Non potrebbe farli nessun altro. A tal proposito, "Alice in Wonderland" sembra fatto apposta per scatenare le visioni del genio di Burbank. Io però ho paura di questa operazione. Mi ricorda molto "La fabbrica di cioccolato". Budget imponente, storia risaputa, confezione impeccabile. Ma non c'era niente, nulla che riuscisse a sorprenderti davvero. Il film che sta per uscire non riprende direttamente l'Alice di Carroll. E' una sorta di sequel. Spero, quindi, che Tim abbia voluto spingere sull'acceleratore dell'alternativo. So già che troverò il Bianconiglio, il Cappellaio matto, il Brucaliffo e lo Stregatto. Ma vorrei indietro il Tim Burton capace di far commuovere con un semplice campo di girasoli. Il mio Tim è fermo a "Big Fish". Spero che torni al più presto tra di noi.
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martedì 16 febbraio 2010
Coraline
Sarebbe bello se "Coraline" vincesse l'Oscar per il miglior film animato e, contestualmente, se "Up" si aggiudicasse la statuetta per il miglior film in assoluto.
A memoria d'uomo, mai due film animati così belli si sono ritrovati l'uno contro l'altro.
Carl&Ellie o la piccola Coraline? In ogni caso, è certo, vincerebbe la Poesia.
Io, intanto, mi devo svegliare ancora dall'incubo in cui, nel 2001, il buono ma non eccelso "Shrek" batte il capolavoro Pixar "Monters&co."
Misteri.
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lunedì 8 febbraio 2010
CHRISTOPHER NOLAN, QUANDO IL CONFINE VIENE SPOSTATO PIU' IN LA'
Christopher Nolan insieme a Christian Bale sul set di "The Prestige"
Uscirà a Settembre in Italia "Inception", nuovo blindatissimo lavoro del folgorante regista anglo-americano
Quando si aspetta un film di un ristretto numero di registi, si vive una sensazione strana, di malata trepidazione cinefila. Si attende che il Cinema stia per essere in qualche modo riscritto. Ci si aspetta un upload della Settima Arte, per usare un termine che calza.
Capita con Michael Mann, con Terry Malick, con Tim Burton. Ultimamente capita anche con Christopher Nolan. Il giovanotto ha 39 anni e 7 film alle spalle. Avete capito bene. Un fenomeno che dal folgorante "Memento" (2000) fino a The Dark Knight (2008) è cresciuto tantissimo. Alla grande capacità narrativa (anche grazie al bravo fratello/co-sceneggiatore Johnatan) ha aggiunto, col tempo, un gusto dell'immagine e dei dettagli che sorprende.
Un film di Nolan è un cubo di Rubik che cerchi di risolvere in penombra.
Con "Inception", che uscirà in Italia il prossimo 3 settembre, il regista londinese promette nuove frontiere. La trama è blindata, il trailer è più criptico che mai.
Le prime immagini rimandano a importanti film sulla memoria come "Dark City" di Alex Proyas e "Strange Days" di Kathryn Bigelow (candidata quest'anno all'Oscar con "The hurt locker"). Mi aspetto un qualcosa di nuovo, di diverso. All'ottava pellicola penso sia arrivato il momento di fare il passo definitivo. Non più semplice culto. Avremo un nuovo Autore di riferimento? Il Cinema, stanco di avere sempre le stesse frontiere, se lo augura di cuore.
Uscirà a Settembre in Italia "Inception", nuovo blindatissimo lavoro del folgorante regista anglo-americano
Quando si aspetta un film di un ristretto numero di registi, si vive una sensazione strana, di malata trepidazione cinefila. Si attende che il Cinema stia per essere in qualche modo riscritto. Ci si aspetta un upload della Settima Arte, per usare un termine che calza.
Capita con Michael Mann, con Terry Malick, con Tim Burton. Ultimamente capita anche con Christopher Nolan. Il giovanotto ha 39 anni e 7 film alle spalle. Avete capito bene. Un fenomeno che dal folgorante "Memento" (2000) fino a The Dark Knight (2008) è cresciuto tantissimo. Alla grande capacità narrativa (anche grazie al bravo fratello/co-sceneggiatore Johnatan) ha aggiunto, col tempo, un gusto dell'immagine e dei dettagli che sorprende.
Un film di Nolan è un cubo di Rubik che cerchi di risolvere in penombra.
Con "Inception", che uscirà in Italia il prossimo 3 settembre, il regista londinese promette nuove frontiere. La trama è blindata, il trailer è più criptico che mai.
Le prime immagini rimandano a importanti film sulla memoria come "Dark City" di Alex Proyas e "Strange Days" di Kathryn Bigelow (candidata quest'anno all'Oscar con "The hurt locker"). Mi aspetto un qualcosa di nuovo, di diverso. All'ottava pellicola penso sia arrivato il momento di fare il passo definitivo. Non più semplice culto. Avremo un nuovo Autore di riferimento? Il Cinema, stanco di avere sempre le stesse frontiere, se lo augura di cuore.
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mercoledì 3 febbraio 2010
"UP", MERITI L'OSCAR E NON PERCHE' SEI UN CARTONE ANIMATO
Nella rosa delle 10 pellicole candidate all'Oscar, ufficializzata ieri, c'è anche "Up", ennesimo capolavoro Pixar. Non è la prima volta per un cartone, perché una tale candidatura la ricevette anche "La Bella e la Bestia" nel 1992.
La storia di Carl Fredricksen merita la statuetta perché è indimenticabile.
Inutile stare qui a magnificare questa pellicola, coi paroloni a effetto. Se non l'avete ancora fatto GUARDATELA, è un obbligo morale. Nonché una buona occasione di regalarvi una lunga settimana di riflessione.
Quello che mi preoccupa è il riverbero mediatico. Si dirà: era ora che vincesse un cartone. Magari lo si sminuirà: il Cinema è in crisi, tanto in crisi che l'Oscar se lo aggiudica un lungometraggio animato.
Scemenze da salotto.
"Up" E' il Cinema. La Vita, forse la vera protagonista del film, è senz'altro il più utilizzato dei personaggi in quasi 100 anni di grande Cinema.
Spero non vinca "Bastardi senza gloria", a mio parere il più debole tra i film di Tarantino. Ad "Avatar" lascerei le categorie tecniche.
Se gli anni "Zero" sono stati segnati dal meditabondo e sofferto solco eastwoodiano, speriamo che gli anni "Dieci" possano essere vissuti attraverso un'esplosione di Cinema che parli di un paio di fattori semplici semplici: la Forza e il Coraggio.
"Up", per me saresti un meraviglioso battistrada.
5 minuti di Cinema, incredibili
martedì 2 febbraio 2010
AVATAR, QUANDO L'EPICA SOMMERGE IL Déjà VU
"Non andare a vedere Avatar, è un misto tra Pocahontas, Terminator e Balla coi lupi". "Niente di che Pà, un incrocio tra Matrix e Guerre Stellari". "Guarda, anche un po' Robocop".
Ero terrorizzato prima di vedere Avatar. Ero sconcertato da due fattori: il primo, le recensioni sul kolossal, un spaccio incontrollato di cattivi presagi. Il secondo, l'improvvisa cinefilia delle persone (tranne alcune di mia conoscenza, davvero competenti), capaci di risvegliarsi dal torpore dei 4/5 film all'anno per ergersi a censori del buon Cameron (nella foto con Sam Worthington).
Visto Avatar, scoperto il delirio. Il film, in sè, è un meraviglioso racconto epico degno del miglior Wilbur Smith, per dirne uno. Una storia semplice semplice che si fa bere che è una meraviglia. Avvincente come un cartone animato giapponese degli anni '80. Il rimando ai sogni d'infanzia è riuscitissimo, io mi sono ritrovato catapultato a 20 anni fa.
Poi c'è il discorso dei rimandi. Immancabili. Tutti i film citati nell'intro di questo post, ci sono tutti. Tranne forse Robocop: il buon agente Murphy, poverino, aveva ben altri cazzi da risolvere. Ma quale film non li ha, i benedetti rimandi?
Salviamo Avatar, per piacere. Non per il gigantismo dell'operazione. Non per gli attori, normali. Non per la regia, di mestiere.
Ma per la potenza della narrazione. Semplice, eppure potente. La favola prima di andare a dormire. Un sonno conciliante e il sorriso sulle labbra di chi si è immedesimato.
Forse, però, il pubblico italiano ha dimenticato queste perle nel cassetto. Specie se piglia il bisturi e cerca ferite che non ci sono.
Il problema? I telefilm tanto in voga nel nuovo delirante millennio.
Si pretendono trame contorte per poi dire: "Che figata, ho capito tutto!".
Purtroppo il cinema è soprattutto altro. E' magia, è sogno, è suono e visione.
Il maledetto telecomando bisognerebbe distruggerlo per sempre.
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