giovedì 4 novembre 2010
LA PASSIONE: LO SPETTATORE SUBISCE L'ENNESIMA FICTION TRAVESTITA DA FILM
Un regista praticamente sull'orlo del ritiro e in crisi d'ispirazione (Silvio Orlando) viene ingaggiato per dirigere la rappresentazione della Passione di Cristo in un piccolo paese toscano. Qui combatterà con la propria incapacità di riscatto e con una piccola comunità sostanzialmente immobile. E' difficile commentare un film senza capo né coda come 'La Passione' di Carlo Mazzacurati. Noioso, inconcludente e privo di un qualsiasi significato evidente. Non riesco a capire come si possa finanziare un film del genere. Non vedevo una pellicola così inutile dai tempi dell'ormai mitologico 'Million Dollar Hotel' di Wim Wenders. Mentre subivo la proiezione mi sforzavo di trovare un senso alla trama, un senso ai personaggi, un senso allo sviluppo della pellicola. Arrivato alla fine, soppesato l'imbarazzante finale, mi sono chiesto perché. Cosa avrà voluto comunicare Mazzacurati? Lo straniamento di un artista davanti a un mondo nel quale non si riconosce più? Originale.
Ma andiamo con ordine: qual è il principale difetto del film? E' quello dei prodotti medi del cinema italiano attuale. Sono delle fiction trasposte sul grande schermo. La regia monocorde, i dialoghi inutili, le musichette fastidiose e, non ultima, l'immancabile presenza di personaggi macchiettistici che neanche la domenica sera su Rai Uno. Purtroppo il cinema italiano soffre di questa grave malattia. E fin quando il pubblico chiederà di vedere filmetti finanziati con 4 soldi, anziché opere autoriali che diano un contributo artistico, saremo costretti a sorbirci infiniti calici amari.
Poi la sceneggiatura. Mazzacurati, del quale avevo visto un paio di discreti film (Il toro, La giusta distanza), butta giù un copione inconcludente, dove i personaggi fanno cose senza senso con supremo sprezzo del ridicolo. Il protagonista è un regista sfigato che non ha voglia di fare niente, e che di riflesso trasmette allo spettatore una specie di ignavia latente. Il personaggio di Kasia Smutniak, che avrebbe meritato uno sviluppo migliore, sta lì a guardare il film da dentro da spettatrice non pagante. Il primo caso di metacinema inconsapevole. Corrado Guzzanti, a dir poco sprecato, capeggia una serie di macchiette di paese che vorrebbero far sghignazzare, ma che imbarazzano per insipienza. La Capotondi regge sulle sue spalle tutta la critica di Mazzacurati al sistema cinema. Mah.
Quando mi chiedono: “Ma ti piace il cinema italiano? Non ne parli mai”. Io rispondo da snob: “Mi limito a Sorrentino, Crialese, Garrone e ovviamente Nanni Moretti”. E' una frase limitativa e scontata. Ma dopo aver visto certi film, quasi mi darei ragione.
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