martedì 23 marzo 2010

"RETROVERTIGO" - CHANGELING, L'ANGELINA CHE NON TI ASPETTI


Tra i partiti presi del cinema contemporaneo, svetta fiero l'adagio: "Angelina Jolie non sa recitare". Sbagliato. Effettivamente, dopo l'exploit di "Girl, interrupted" la diva con le labbra tumide non aveva più azzeccato un film. Poi però è arrivato Clint Eastwood. La meticolosa direzione del "Cavaliere pallido" l'ha rimessa al mondo. Ed ecco che viene fuori "Changeling" (2008), un quasi capolavoro che è stato sottovalutato dalla critica americana e schivato con consapevolezza dal miope pubblico italiano.
E' un film eastwoodiano fino al midollo. Tranne l'apertura finale, quando Angelina sussurra la parola "hope", speranza. Nei film di Clint la speranza non esiste, la salvezza non esiste. Angelina invece sussurra, come se volesse anticipare il grande disegno che di lì a poco grifferà "Gran Torino".
Ma al di là della valenza del film, bisogna sottolineare la performance dell'attrice. Intensa nei momenti drammatici, leggera quando l'aria è meno satura, monumentale quando si trova a esprimere, con una semplice espressione facciale, tutto lo sbigottimento per la sequela di ingiustizie perpetrate dalla polizia di Los Angeles.
La sua Cristine Collins, madre alla quale hanno rapito l'unico figlio, è una barricadera dell'umiltà alla quale è impossibile non affezionarsi. Angelina arriva in fondo al film integra, sia come personaggio sia come attrice: nessun compromesso e nessun cedimento per più di 2 ore. Dannatamente underrated.
Un film triste, effettivamente pesante in alcune parti. Ma incredibilmente profondo (il commovente finale) e, soprattutto, intimamente condivisibile da ognuno di noi.
Certi legami sono unici. Diamo alla Jolie i giusti meriti: ci ha regalato un'intepretazione memorabile ed è giusto annoverarla tra le grandi attrici dei mai tanto rimpianti anni zero.

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